Testimonianza Monica e Marco
Noi genitori adottivi siamo genitori speciali, e anche i nostri figli. Prima dobbiamo elaborare il lutto di una gravidanza che non arriva, e vedere tutte le coppie di amici che conosciamo, una dopo l’altra, avere uno, due figli….
Poi la maturazione dell’idea di adottare. Da qui in poi, siamo rovesciati come calzini, indagati e studiati come cavie da laboratorio, per vedere se siamo fisicamente, ma soprattutto, psicologicamente, adatti ad essere dei genitori. Quando arriva il decreto di idoneità da parte del Tribunale dei Minori, sembra di essere a buon punto, finalmente… e invece non si è nemmeno a metà del tragitto. Inizia la difficoltà di scegliere l’Ente a cui dare il mandato. Non è mica uno scherzo: se scegli l’Ente, scegli anche più o meno la zona del mondo da cui arriverà tuo figlio, e stai segnando già una buona parte del tuo destino di famiglia. Bene, mandato assegnato.
E adesso? Adesso…. L’ATTESA, scomoda compagna di avventura nel viaggio dell’adozione. Si aspetta. E si aspetta. E si aspetta. Mesi che passano, attendendo la chiamata per avere un abbinamento. E la rabbia che monta… Ma sapete una cosa? Tutto passa, tutto si dimentica, quando tieni in braccio per la prima volta tua figlia. Così come le madri naturali dimenticano il dolore del parto (così dicono…) , anche noi genitori adottivi dimentichiamo le umiliazioni e la fatica. Noi siamo genitori di Alessia ufficialmente da un anno, ma in realtà lo siamo da sempre. Pensiamo che non sia stato un caso se ci abbiamo messo tanto tempo, se abbiamo litigato con psicologhe poco umane, se abbiamo picchettato gli uffici per avere un timbro per noi fondamentale. Nel cammino abbiamo incontrato un sacco di persone, professionisti che in linea di massima comprendevano le nostre esigenze, e altri, pochi per fortuna, ottusi e burocrati senza un minimo di flessibilità. Però tutto è servito. In Siberia, dov’è nata nostra figlia, niente ci ha spaventato: né fare 4 ore di macchina ogni giorno in mezzo al ghiaccio a – 24°, né fare la spola tutti i giorni nell’ufficio dal quale dovevano rilasciare i suoi documenti, né affrontare per tre volte di seguito un viaggio di quasi 12 ore. Alessia ci ha incontrati per la prima volta a dicembre, poi non ci siamo più visti fino a luglio, 7 mesi di agonia, 103 documenti da produrre, tradurre, apostillare, spedire. E di lei, nessuna notizia. Poi a luglio, l’udienza e la sentenza. 5 ore davanti a un giudice con gli occhi di ghiaccio, che avrebbe deciso del nostro destino di famiglia. Infine, ad agosto, abbiamo finalmente chiuso le porte dell’orfanotrofio alle nostre spalle, per sempre. Ma solo nel momento in cui l’aereo ha toccato la terra italiana, solo allora, un pianto liberatorio ha segnato la svolta: ce l’avevamo fatta! Nessuno ora poteva più separarci! Era tutto vero!
Perciò, care coppie che iniziate il cammino, sappiate che solo il fatto di averlo iniziato vi deve far pensare che c’è vostro figlio, quell’essere speciale in qualche parte del mondo, che è destinato solo a voi, che sta aspettando solo voi. Non vi fate abbattere dalle difficoltà, ma andate avanti: vi renderanno così forti che alla fine vi sentirete invincibili. E se rinunciate, quel bambino non avrà più la sua famiglia. Perché eravate destinati l’uno agli altri. Forza e coraggio: come tanti di noi, arriverete alla fine,e sarà l’inizio di una nuova storia, meravigliosa e imprevedibile come la vita.
Marco, Monica ed Alessia